Il supporto del governo cinese al costruttore americano appare come una di quelle simbiosi in natura nate per indurre reciproci vantaggi: da una parte una forte volontà di avere veicoli elettrici Tesla, un costruttore americano sul territorio, occupazione, specializzazione e formazione e molti altri assetti strategici, anche geopolitici.
Dall’altra parte, per Tesla la produzione massiva di un modello azzeccato come Model3 per un mercato maturo ed enorme come quello cinese, significa una enorme espansione commerciale, ricavi ed indotto capace di influenzare produzione ed asset economici del costruttore sella Silicon Valley a livello globale.
Gigafactory 3 si trova attualmente in uno stato di avanzamento inaspettato, tanto che indiscrezioni vicine a Tesla nel paese asiatico, indicano come fine settembre una data utile per l’inizio della produzione, quando invece Musk (inaspettatamente) si è sempre espresso cautamente verso la fine del 2019 e l’inizio del 2020.
Al fine di iniziare la produzione però, tutti i costruttori di auto devono superare la certificazione delle tre C: introdotta nel 2002 si applica ai prodotti importati così come ai prodotti cinesi e consiste in una serie di test sui prodotti in un laboratorio cinese ed una ispezione in fabbrica e solitamente il processo richiede tempi molto lunghi.
A quanto pare, però, Tesla potrà iniziare la produzione anche durante il periodo richiesto per la certificazione, avvantaggiandosi di una opportunità recente, una modifica regolatoria firmata poche settimane fa.
Il supporto del governo cinese a Tesla pare quasi un’antitesi rispetto ai recenti scambi tra Cina e Stati Uniti proprio sul tema import-export, sintomo che spesso l’ingerenza dei governi negli affari imprenditoriali (vedi anche l’affair FCA/RENAULT) oltre ad essere poco efficace e spesso poco gradita, può ottenere effetti contrari inaspettati.
Daniele Invernizzi